I recenti e tranquilli scambi diplomatici tra l'Iran e gli Stati Uniti cominciano a delineare un quadro molto diverso da quello a cui siamo abituati. Lungi dall'alimentare un'altra serie di giochi di potere regionali, questi colloqui sembrano essere mirati e deliberati - ancorati alla ricostruzione economica e alla diplomazia nucleare, non a conflitti mediorientali più ampi come Gaza o le tensioni arabo-israeliane. L'Iran è stato chiaro: vuole che questi colloqui siano mirati, non invischiati in drammi regionali. Teheran è interessata a ricostruire la propria economia e a rientrare nella comunità internazionale, non a creare un'altra tempesta geopolitica.
Nonostante anni di titoli di giornale che ritraggono l'Iran come una forza destabilizzante, dalle conversazioni attuali emerge sempre più chiaramente un cambiamento di atteggiamento. Teheran non cerca il conflitto, soprattutto non con gli Stati Uniti. Sta emergendo un tono pragmatico che privilegia l'impegno economico rispetto al confronto ideologico. Sebbene le tensioni nel Golfo Persico e nell'intera regione continuino a ribollire, l'Iran sembra segnalare un ritiro dai conflitti per procura, concentrandosi invece sulla rimozione delle sanzioni economiche che hanno reso impossibile la sua vita finanziaria.
Al centro di questi negoziati c'è la questione dell'alleggerimento delle sanzioni, in particolare quelle che stanno strangolando il settore petrolifero e del gas dell'Iran. Queste sanzioni, rinnovate dopo il ritiro degli Stati Uniti dall'accordo nucleare del 2015, hanno fortemente limitato l'accesso dell'Iran ai mercati globali. Per i funzionari iraniani, la rimozione di queste sanzioni non è solo una preferenza, ma una necessità. D'altra parte, sebbene Washington rimanga cauta, è chiaro che riconosce che la pressione economica non ha portato ai cambiamenti comportamentali a lungo termine che aveva promesso.
Ciò che è notevolmente assente questa volta è l'abituale enfasi americana nel portare nella conversazione le attività regionali dell'Iran, i suoi legami con i gruppi militanti o il suo ruolo in conflitti come la Siria e lo Yemen. Questa assenza potrebbe essere deliberata. Dopo anni di tentativi di collegare i colloqui sul nucleare a strategie di contenimento più ampie, i responsabili politici statunitensi potrebbero ricalibrarsi. è interessante notare che Teheran non sembra ora eccessivamente preoccupata per l'espansione della presenza statunitense nella regione, un cambiamento notevole rispetto al suo tono storicamente combattivo.
Uno dei cambiamenti più interessanti riguarda l'atteggiamento dell'Iran nei confronti del suo programma nucleare. Sebbene Teheran non voglia rinunciare del tutto alle armi nucleari, sta indicando che nelle giuste circostanze - leggi: un solido accordo economico - è disposta a ritardare il percorso verso l'armamento. I funzionari iraniani continuano a sostenere che le loro attività di arricchimento dell'uranio sono solo per scopi pacifici, come quelli energetici e medici. Questo rimane un punto dolente per gli Stati Uniti e i loro alleati, che considerano la capacità di arricchimento dell'uranio rischiosa a causa del suo potenziale doppio uso.
Un'altra questione delicata è il programma missilistico iraniano. Teheran rifiuta fermamente di includerlo nei colloqui in corso, considerandolo non negoziabile ed essenziale per la sua difesa. Ciò rappresenta una sfida per i negoziatori statunitensi, ma sempre più spesso si sostiene che un'attenzione ristretta, inizialmente sulle questioni nucleari ed economiche, possa alla fine aprire la strada a discussioni più ampie sulla sicurezza.
È interessante notare che anche le questioni marittime hanno fatto la loro comparsa nella conversazione. Sebbene i dettagli siano scarsi, sembra esserci un interesse reciproco ad allentare le tensioni marittime e a garantire un passaggio sicuro nelle acque contese come lo Stretto di Hormuz. Pur trattandosi di piccoli passi, questi colloqui indicano un interesse comune a evitare errori che potrebbero degenerare in un conflitto vero e proprio. Se guardiamo alla posizione diplomatica dell'Iran da una prospettiva più ampia, vediamo che non si tratta solo di un cambiamento tattico. È un segnale che il Paese potrebbe entrare in una nuova fase in cui il dialogo e il commercio prevarranno sull'isolamento e sul confronto.
Mons. Masood Chaudhary