Il modo di agire, la schiettezza e i principi di Jiří di Poděbrady (1458-1471) - il re di entrambi i popoli - sono raffigurati da Alfons Mucha in uno degli episodi del suo regno.
Papa Pio II accolse con scarsa attenzione a Roma il messaggio di Giorgio guidato da Zdeněk Kostka di Postupice e Prokop di Rabštejn. Il 3 aprile 1462, i messaggeri tornarono a Praga e con loro arrivò Fantinus de Valle, l'inviato permanente del Regno di Boemia in Vaticano. Egli presenta la richiesta del Papa che Re Giorgio, la sua famiglia e l'intera nazione rinuncino all'ussitismo e la sua decisione di non riconoscere più la validità degli Accordi di Basilea, che regolavano le relazioni tra gli ussiti e la Chiesa cattolica. Il Re riceve gli inviati da Roma alla Corte Reale nella Città Vecchia di Praga durante l'Assemblea Provinciale. La sua reazione alla richiesta del Papa è molto impetuosa. Si alza dal suo posto con tale violenza da far cadere la sedia e risponde che "... non riconosco il Papa come giudice della mia coscienza, della mia famiglia o della mia nazione". I messaggeri papali si alzano, ma non viene loro offerta una sedia perché anche i messaggeri cechi devono presentarsi davanti al Papa a Roma. Lo sgomento per la brusca risposta del re è evidente nei volti del seguito del legato papale, l'orgoglio negli atteggiamenti e nelle espressioni della nobiltà boema. Dalla rosa a cinque foglie sulla schiena riconosciamo il signore di Rožmberk, membro del consiglio reale e sovrano della Boemia meridionale. Di fronte a lui siede l'arcivescovo Jan Rokycana con una croce sulla veste viola. Nell'angolo a destra c'è una figura con un cappello da sciocco, un uomo saggio e colto che ha rinunciato a tutti i privilegi per consigliare il re - Frate Paleček, il più famoso giullare della storia ceca. Alla sua sinistra c'è il ragazzo che chiude risolutamente il libro con la scritta Roma, così Alfons Mucha simboleggia la fine di tutti i negoziati tra il Papa e Giorgio di Poděbrady.
Al termine di questa udienza, il re congeda tutti gli inviati papali. Il giorno dopo convoca Fantin de Valle e lo getta in prigione per tradimento e travisamento degli interessi del Regno di Boemia. Il Papa risponde mettendo Giorgio sotto maledizione, privandolo persino della corona reale. Alla notizia, Giorgio dichiara che morirà come re di Boemia. Questo avvenne nel 1471, all'età di 51 anni, all'apice del suo potere diplomatico e politico.
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